Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) N. 07346/2020REG.PROV.COLL.N. 00901/2020 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) N. 07346/2020REG.PROV.COLL.N. 00901/2020 REG.RIC.

Pubblicato il 24/11/2020
  1. 07346/2020REG.PROV.COLL.
  2. 00901/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 901 del 2020, proposto da Associazione Cediform, Associazione Assifol – Associazione Italiana Formatori On-Line, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Cardarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale P.L. Da Palestrina, n. 47; contro Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Armenante, con domicilio eletto presso lo studio Regione Campania – Ufficio Di Rappresentanza in Roma, via Poli, 29; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 3354/2019, resa tra le parti.   Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Campania; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020 il Cons. Giulio Veltri e uditi per l’appellante l’avvocato Francesco Cardarelli; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.Le odierne appellanti sono la Cediform (che ha tra i suoi compiti quello di organizzare corsi di formazione obbligatori sostitutivi del soppresso libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi) e Assifol –Associazione Italiana Formatori On Line (che tutela e promuove gli interessi degli esercenti attività di formazione on line). Esse hanno impugnato in primo grado il decreto dirigenziale n. 76/2018 della Regione Campania, il quale, pur confermando l’utilizzo della modalità e- learning (FAD) per i percorsi formativi riservati agli alimentaristi, ha stabilito l’obbligatorietà dell’esame finale in modalità frontale dinanzi ad una commissione di esame appositamente costituita, riconoscendo, al contempo, gli attestati rilasciati da enti accreditati ed autorizzati in altre regioni (come Cediform, accreditata in Calabria e Sicilia) a condizione che prevedano l’esame finale in modalità frontale. Condizione, quest’ultima, avversata dalle ricorrenti sotto due concorrenti profili: difetto di competenza del dirigente Regionale firmatario dei decreti impugnati; violazione dei principi di reciproco riconoscimento, libertà di circolazione dei lavoratori, concorrenza.
  1. Il TAR ha respinto il ricorso, evidenziando, in ordine ai contestati profili di competenza, che “la scelta della previsione di un esame frontale dinanzi alla Commissione anche al termine dei corsi svolti in modalità e-learning non implichi l’esercizio di una discrezionalità nemmeno “latu sensu” politica”. Quanto alla decisione che – pur “aprendo” alla modalità di formazione on line – esige comunque lo svolgimento di una verifica finale “frontale” al cospetto di una Commissione, ha così concluso “In definitiva, nel bilanciamento tra l’interesse al rilascio di attestati validi in ogni Regione italiana, di cui sono portatori i soggetti formatori autorizzati in Regioni che consentono lo svolgimento dei corsi in modalità on line, esame compreso, e l’interesse per la tutela della salute pubblica, non appare arbitraria la scelta della Regione Campania di ritenere prevalente quest’ultimo e, conseguentemente, di imporre una più pregnante e rigorosa verifica dell’acquisizione delle competenze da parte del discente – futuro operatore alimentare”.
  2. Le appellanti in questa sede ripropongono le originarie argomentazioni, in chiave critica rispetto alle statuizioni di prime cure, e insistono nell’accoglimento del ricorso introduttivo. In particolare, con il primo motivo le appellanti contestano le statuizioni di prime cure nella parte in cui è respinta la censura di incompetenza. Con il secondo motivo di gravame sostengono che il principio di unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale, seppur consente alle singole Regioni di disciplinare, in via esclusiva ai sensi dell’art. 117 cost., le modalità della formazione, lo svolgimento dei corsi ed il rilascio degli attestati o dei crediti formativi, non consente, all’opposto, alle stesse di regolamentare l’ambito di validità degli attestati di formazione rilasciati secondo la disciplina dettata da altre Regioni, poiché diversamente ne risulterebbe violato il principio di mutuo riconoscimento e quello, ancor più generale, di libera circolazione dei lavoratori.
  3. Nel giudizio si è costituita la Regione Campania e ha chiesto la reiezione del gravame in quanto infondato.
  4. Con ordinanza istruttoria n. 4244/2020 la Sezione, ricostruito il generale (e scarno) contesto normativo ha ritenuto necessario, prima di dirimere la res controversa “verificare, attraverso un coinvolgimento istruttorio del Ministero della Salute, se sussistano, oltre quelle citate, ulteriori accordi o iniziative ministeriali di coordinamento, che stabiliscano, a tutela del primario interesse sanitario collettivo, e in forza dell’esplicito mandato contenuto nell’allegato 2, cap. XII del reg. CE 852/2004, contenuti e modalità delle attività formative destinate a “persone che operano in determinati settori alimentari”.
  5. Il Ministero della Salute ha depositato relazione istruttoria.
  6. Le parti, nelle note conclusive hanno ulteriormente approfondito le loro tesi, anche in relazione ai contenuti della sopracitata relazione istruttoria.
  7. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 29 ottobre 2020.

DIRITTO

  1. Con il primo motivo le appellanti contestano le statuizioni di prime cure aventi a oggetto il denunciato vizio di competenza. Esse segnatamente deducono che a venire in rilievo non è la scelta in sé – operata con i decreti dirigenziali – della previsione di un esame frontale all’esito dei corsi disciplinati, bensì la previsione “politica” volta a limitare il riconoscimento di titoli rilasciati in regioni diverse dalla Regione Campania, laddove non v’è stato un esame finale frontale. Scelta che, in quanto non contemplata da alcuna previsione normativa, innoverebbe l’ordinamento giuridico regionale, con conseguente competenza dalla Giunta Regionale, titolare del potere regolamentare.
  2. In realtà, ritiene il Collegio che la questione debba porsi in termini diversi. Il dirigente regionale non ha creato una norma. Piuttosto, in mancanza di una norma regionale specifica sulla formazione a distanza erogata da agenzie formative accreditate presso altre regioni, anziché negare, tout court, la validità dei percorsi formativi, ha utilizzato i suoi poteri gestionali in senso proattivo, individuando, nelle more di un’esaustiva normazione, un contemperamento avente comunque ad oggetto i suoi poteri di “riconoscimento” dei titoli di formazione professionale conseguiti presso altre regioni.
  3. Può dunque passarsi alla disamina del secondo e più complesso motivo di appello.
3.1. Con tale mezzo di gravame le appellanti osservano, in particolare, che il principio di unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale, seppur consente alle singole Regioni di disciplinare, in via esclusiva ai sensi dell’art. 117 cost., le modalità della formazione, lo svolgimento dei corsi ed il rilascio degli attestati o dei crediti formativi, non consente, all’opposto, alle stesse di regolamentare l’ambito di validità degli attestati di formazione rilasciati secondo la disciplina dettata da altre Regioni, poiché diversamente ne risulterebbe violato il principio di mutuo riconoscimento e quello, ancor più generale, di libera circolazione dei lavoratori. Nel caso di specie gli attestati di frequenza sarebbero stati rilasciati sulla base dell’accreditamento riconosciuto dalla Regione Calabria, in modalità FAD, nel rispetto dei contenuti e delle rigorose modalità stabilite ai fini dell’accreditamento. Non vi sarebbe ragione alcuna per non applicare in sede infrastatuale il principio di mutuo riconoscimento, pacificamente applicato fra Stati membri dell’Unione Europea.
  1. Ritiene il Collegio che, ai fini della decisione, sia innanzitutto utile inscrivere la controversia nel suo esatto perimetro normativo.
4.1. Come già accennato nel contesto dell’ordinanza istruttoria n. 4244/2020, la fattispecie rinviene la sua primigenia fonte normativa nel reg. CE del 29.4.2004 – n. 852 “Regolamento sull’igiene dei prodotti alimentari”. Esso prevede, all’allegato 2, cap. XII, che “Gli operatori del settore alimentare devono assicurare: 1. che gli addetti alla manipolazione degli alimenti siano controllati e/o abbiano ricevuto un addestramento e/o una formazione, in materia d’igiene alimentare, in relazione al tipo di attività; ………..3. che siano rispettati i requisiti della legislazione nazionale in materia di programmi di formazione per le persone che operano in determinati settori alimentari”. 4.2. Come condivisibilmente affermato dal Ministero della Sanità nella relazione depositata a seguito dell’ordinanza istruttoria sopra citata, il regolamento CE del 29.4.2004 – n. 852, dunque, nel prevedere gli obblighi di formazione per gli addetti alla manipolazione degli alimenti, imputa la responsabilità principale all’operatore del settore alimentare dal quale l’addetto dipende, il quale “garantisce che tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti sottoposte al loro controllo soddisfino i pertinenti requisiti di igiene fissati nel presente regolamento” (art. 3 reg. cit.). Demanda poi alla “legislazione nazionale” i requisiti in materia di programmi di formazione. 4.3. La legislazione nazionale non è mai intervenuta, stante – è da ritenere – la potestà legislativa spettante alle Regioni, ex art. 117 cost., in materia di formazione professionale, né sono intervenuti accordi Stato-Regioni circa i contenuti minimi uniformi di tale formazione, sicchè i contenuti e le modalità della formazione sono decisi da disposizioni regionali, in assenza di un cornice minima di coordinamento e in difetto di disposizioni specifiche in tema di mutuo riconoscimento dei titoli di formazione fra regioni. Il risultato è una condizione di incertezza, all’interno del territorio statale, circa la validità “territoriale” dei titoli formativi rilasciati da soggetti autorizzati accreditati dalle singole regioni, a detrimento del principio di libera circolazione dei lavoratori, il quale – giova sottolinearlo – in quanto vigente al livello dell’Unione, fra Stati membri, a fortiori non può che essere assicurato anche all’interno del singolo Stato. 4.4. Urge dunque un intervento normativo diretto a fissare un comune minimo denominatore della materia, e la sede non può che essere la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
  1. Nelle more, il presente contenzioso deve essere deciso sulla base dei principi generali.
5.1. Ciò che appare al Collegio dirimente è che – come correttamente segnalato dagli appellanti – la formazione che il regolamento CE del 29.4.2004 – n. 852 impone, non ha natura abilitante. Non è cioè finalizzata al rilascio di un titolo per l’accesso ad un determinato mestiere, ma è piuttosto il portato di un obbligo individuato in capo all’operatore del settore alimentare, in ordine alla competenza degli addetti alla manipolazione degli alimenti che con lo stesso collaborano, tant’è che ben può essere somministrata attraverso addestramento direttamente sul luogo di lavoro. Trattasi dunque di obbligo di conoscenza specifica e non di “qualifica professionale”. L’autorità preposta ai controlli, ovviamente, ha il compito di verificare se tale conoscenza sia stata acquisita, e può e deve farlo a mezzo di controlli e ispezioni sul luogo di lavoro, sia chiedendo le attestazioni che documentino l’avvenuta somministrazione dell’attività formativa, sia attraverso la verifica, in concreto, dell’attività svolta e della sua corrispondenza alle migliori prassi di igiene alimentare. 5.2. Se ben può affermarsi, sulla base delle previsioni regolamentari europee, che questo controllo sul luogo di lavoro è necessario e doveroso da parte delle autorità preposte, non è per converso ragionevole che tra gli ambiti regionali del medesimo Stato si possano instaurare prassi tese a frapporre procedure di “riconoscimento” (sulla falsa riga di quelle vigenti nei rapporti fra Stati) della formazione, in quanto, e sol perché somministrata in forza dell’accreditamento rilasciato da una Regione diversa da quella in cui il lavoro deve svolgersi. 5.3. Il principio di mutuo riconoscimento della formazione professionale, a livello endostatuale, costituisce implicito presupposto dell’attribuzione costituzionale della potestà legislativa delle Regioni in materia di formazione professionale prevista dall’art. 117 cost., non essendo nelle intenzioni del legislatore quella di creare barriere culturali e formative, o vincoli, al principio di libera circolazione dei lavoratori fra le regioni. La ratio della predetta ripartizione legislativa risiede piuttosto nell’opportunità di allineare la formazione professionale alle esigenze produttive a vocazione locale che, proprio perché non estese a tutto il territorio nazionale, rischierebbero di rimanere prive di attenzione e valorizzazione se non vi fosse un soggetto regionale dotato di potestà normativa, capace di progettare e imporre specifici contenuti formativi calibrati su quelle peculiari esigenze territoriali. 5.4. Dunque, essendo il principio di “mutuo riconoscimento” della formazione professionale regionale, immanente nell’ordinamento nazionale, non occorrono procedure di riconoscimento ad hoc.
  1. Nel caso di specie, il contenzioso, non ha del resto avuto ad oggetto i contenuti del programma formativo previsto da altra regione, quanto le modalità della relativa somministrazione nelle forme della formazione a distanza (FAD), nonché l’ineludibilità di un esame finale in modalità frontale (invero la Regione Campania aveva già in un primo tempo denegato il “riconoscimento” per il sol fatto che la formazione fosse erogata in modalità FAD. Il provvedimento era stato annullato dal TAR con sentenza n. 209 del 17/01/2012, in quanto ritenuto irrispettoso dell’altrui autonomia regionale e del principio di ispirazione comunitaria e costituzionale della libera circolazione dei lavoratori e dei titoli professionali, legittimamente conseguiti all’interno del medesimo ordinamento giuridico statale e nel quadro di comuni regole sovranazionali.A seguito di questa prima parentesi giurisdizionale la Regione Campania ha riprovveduto, questa volta “riconoscendo” la modalità FAD, ma imponendo, in siffatti casi, un esame in modalità frontale presso le sedi ASL regionali).
6.1. Si è tuttavia già chiarito che nel caso di specie non si tratta di titolo abilitante, ma di mera formazione e/o addestramento. L’esame finale, se previsto, può valere quale test di comprensione finale ma non quale conditio sine qua non per il conseguimento dell’attestato da parte dei discenti. 6.2. Dunque, il tema di fondo rimane quello del valore da dare alla formazione on line e ai test di comprensione finale che l’e-learning notoriamente contempla.
  1. Per e-learningsi intende una specifica ed evoluta forma di FAD consistente in un modello di formazione in remoto caratterizzato da forme di interattività a distanza tra i discenti e i docenti, sia in modalità sincrona che asincrona, attraverso piattaforme ad hoc e utilizzo di tecnologie che consentono il monitoraggio quali-quantitativo delle modalità di utilizzo e del grado di apprendimento.
7.1. L’utilizzo del veicolo formativo risente dello stato dell’evoluzione tecnologica in ordine alla possibile verifica dell’effettiva frequenza del discente, ed è evidentemente correlato al tipo di nozioni che la formazione implica, essendo evidente che non possono certo essere oggetto di e-learning, le attività formative che richiedono contatto con oggetti o interazioni di carattere fisico, olfattivo, etc. 7.2. Resta fermo che l’e-learning è senza dubbio una risorsa per l’apprendimento, la cui valenza e utilità è ormai acquisita nel tessuto ordinamentale. Esso è stato ampiamente sperimentato nella pratica, e grazie ad esso non solo si sono superate barriere e situazioni di svantaggio sociale, ma si è anche riuscito a contenere i devastanti effetti dell’attuale pandemia sulla formazione scolastica, universitaria e professionale. 7.3. Piuttosto, ciò che colpisce è che nonostante il suo sempre più ampio utilizzo, non sia stata ancora fornita una disciplina generale, in ispecie di livello tecnico, per definire ambiti, modalità e standard valevoli in tutto il territorio nazionale. Gli unici atti normativi o generali, nazionali, sembrano essere costituiti dal Decreto Ministeriale del 17/04/2003 contenente “Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici” e dalla Direttiva dei Ministri per l’Innovazione e le Tecnologie e per la Funzione Pubblica ministeriale del 6 agosto 2004 “Progetti formativi in modalità e-Learning nelle pubbliche amministrazioni”, integrata con il documento “Linee guida per i progetti formativi in modalità e-learning nelle pubbliche amministrazioni” elaborato dall’allora CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione). 7.4. Nell’ambito della formazione professionale, una spinta propulsiva è giunta dagli Accordi Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 (Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) e del 7 luglio 2016 – (Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni), ove è espressamente previsto e disciplinato l’utilizzo dell’e-learning, seppur con cautele, condizioni e limiti. 7.5. Di rilievo poi, nell’ambito delle professioni regolamentati, è il recente accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2019 col quale si sono approvate specifiche “Linee Guida per l’utilizzo della modalità FAD/e learning nei percorsi formativi di accesso alle professioni regolamentate la cui formazione è in capo alle Regioni e Province Autonome”. 7.6. Il tratto comune di tutti gli interventi settoriali sopra indicati è che essi sono privi di un respiro generale e, soprattutto, sganciati da un quadro di norme tecniche idonee a individuare uno standard minimo valevole in generale su tutto il territorio nazionale, qualsiasi sia la professionalità della cui formazione trattasi. 7.7. Eppure l’Agenda Digitale Europea, iniziativa della Commissione Europea avviata già dal 2010 al fine di predisporre una strategia per l’Europa 2020 tesa all’innovazione, allo sviluppo economico e alla crescita della competitività a mezzo delle tecnologie digitali, prevede, tra le azioni che gli Stati membri devono attuare, proprio quella di “implementare politiche nazionali che favoriscano e sostengano metodologie di formazione a distanza (es. e-learning)”. Più di recente, il piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027) delinea la visione della Commissione europea per un’istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile in Europa e contiene un chiaro e vibrato invito ad agire per rafforzare la cooperazione a livello europeo al fine di: a) imparare dalla crisi da COVID-19, durante la quale la tecnologia è utilizzata su una scala senza precedenti nell’istruzione e nella formazione; b) adeguare i sistemi di istruzione e formazione all’era digitale.
  1. Le indicazioni provenienti dall’Europa, il tempo trascorso, lo stato delle conoscenze e dell’evoluzione tecnologica, rendono il Collegio quanto mai convinto della necessità di un intervento normativo generale idoneo a fornire finalmente una cornice di garanzie tecniche, nonché funzionale a rendere la formazione a distanza, non solo attendibile ed efficace, ma anche spendibile dai discenti su tutto il territorio nazionale, senza contestazioni, in ispecie nell’ambito della formazione professionale.
8.1. Nelle more, il Collegio, alla luce di quanto innanzi chiarito, ritiene che il caso di specie debba essere risolto nel senso del doveroso riconoscimento della valenza nazionale della formazione somministrata dall’ente appellante sulla base dell’accreditamento regionale ottenuto (e dalle parti non contestato). 8.2. Depongono in tal senso:
  1. a) La specifica autorizzazione all’erogazione in modalità FAD rilasciata dalla regione accreditante, sulla base di standard tecnici dalla stessa verificati e ritenuti adeguati;
  2. b) la natura non abilitante del corso per alimentaristi e il carattere teorico delle nozioni somministrate ai discenti. Caratteristiche che da un lato rendono applicabili, in via analogica, i principi che l’accordo Stato Regioni del 7 luglio 2016 attua in ordine all’e-learning diretto ai responsabili e agli addetti alla prevenzione e sicurezza sul luogo di lavoro e, dall’altro viceversa escludono possa trovare applicazione la clausola contenuta, per le professioni regolamentate, nell’art. 4 dell’Accordo Stato/ Regioni del 25 luglio 2019, in ordine al necessario svolgimento in presenza dell’esame conclusivo (previsione applicabile solo ed esclusivamente ai corsi finalizzati al rilascio dell’attestato di qualificazione abilitante).
  3. Da quanto sopra discende l’illegittimità delle determinazioni impugnate nella parte in cui subordinano l’efficacia dell’attestazione rilasciata a seguito di corsi in modalità e-learning tenuti da enti di formazione accreditati da altre regioni, all’effettuazione di un esame frontale presso strutture della regione Campania. Con conseguente riforma della sentenza di prime cure.
  4. Trattandosi di questione nuova, il Collegio ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, annulla in parte qua il decreto dirigenziale n. 76/2018, secondo quanto chiarito in motivazione. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati: Michele Corradino, Presidente Giulio Veltri, Consigliere, Estensore Solveig Cogliani, Consigliere Giovanni Tulumello, Consigliere Pietro De Berardinis, Consigliere
 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giulio Veltri Michele Corradino
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO FONTE: https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/provvedimenti-cds